SENZA L'OCCHIALE NERO CHE INTELLETTUALE SEI?
L'uomo la moda femminile non la capisce. E' un dato di fatto. E non ci interessa nemmeno riuscire a farlo. La valutazione che il maschio fa dello stile di una donna si fonda unicamente sull'immaginazione estemporanea. La vedi passare davanti a te, la inserisci nella macchina per le radiografie e poi esce la diagnosi: “con quei tacchi la appenderei al muro tipo poster”, “se vabbè, con quelle ballerine non me la faccio nemmeno se me ne prestano uno di cortesia”, “quel costume sarà sgambato, sarà un tanga perchè ha 4 centimetri quadri meno delle brasiliane, sarà anche un costume intero e non me ne sono accorto. Non mi interessa un belino. Ma se non ti allontani velocemente con quelle chiappe, diventi un trasferello sul bagnasciuga”.
All'uomo di farsi il palato, di crearsi la sensibilità per valutare una moda, un trend, non gliene può fregare di meno.
Ma esistono le eccezioni. E voglio che una cosa mi venga spiegata. Gli occhiali grandi con la montatura nera spessa. Fino a un anno fa se ne vedeva qualcuno ogni tanto in giro. “Sarà una creativa, sarà una studentessa di design, o forse sarà anche che non ci vede un cazzo”, fatto sta che era una rarità. A qualche donna stavano pure bene. Ma la diagnosi post radiografia è meglio non riportarla. Perchè la donna con l'occhiale vistoso, il più delle volte per l'uomo si traduce in immagini che possono andare in onda solo sulle reti locali dopo le due di notte. Adesso però è un fiume in piena. Gli occhiali neri grandi con la montatura spessa sono dappertutto. Donne ad ogni angolo della strada. Donne negli uffici. Donne che sembrano esserseli tatuati. Insomma, o nell'ultimo anno siamo diventati tutti stilisti, interior designer, web designer, architetti, oppure nessuno ci vede più un cazzo.
Una volta le donne coordinavano gli accessori. Adesso possono essere di sinistra, di destra, punk, dark, emotive, rincoglionite o fighette. Vestite scure, chiare o con la pettorina fluorescente da constatazione amichevole. Ma l'occhiale nero grande con la montatura grossa non glielo devi togliere.
E, ho scoperto, nemmeno in quei momenti lì.
Cazzo, mò mi sorge un dubbio. Ma quella di ieri sera voleva essere fashion pure in orizzontale oppure mi aveva scambiato per Amadeus?
E'MEGLIO UNA DELUSIONE VERA DI UNA GIOIA FINTA.
E' una vita che ti stavo aspettando.
Ricordo la prima volta che ti ho conosciuta, due anni fa. Gonna corta, quella maglietta bianca modalità Domopak, attillatissima, e due occhi che sembravano ricalcati con un evidenziatore blu. Le prime volte che ti guardavo, pensavo mi ci sarebbe voluta la mascherina da saldatore. Abbagliato.
Per non parlare del sedere. Disegnava la mia curva preferita, tra la schiena e la chiappa. Quella dove sopra potresti appoggiarci un cero di Padre Pio, e pregare che un giorno quell'essere da beatificare te la dia.
Sono due anni che ti corteggio. Messaggi, bicchieri di vino, ghiaccioli d'estate fuori dal tuo lavoro. Che perdevo più tempo a guardarti che a leccarli, e ogni volta che abbassavo lo sguardo pensavo fosse passato un alano senza accorgermene.
Ma stasera è la volta buona. Penso. La cena è andata alla perfezione. Il ristorante giapponese con una sala piccola e buia. E noi nascosti nell'angolo a bere il tuo vino preferito, riparati dagli sguardi e dalle orecchie delle coppie che vanno al ristorante senza avere nulla da dire. Dopo 2 bicchieri, però, tu hai anche troppo da dire. Il congiuntivo si riduce e le consonanti sembrano tutte S. Forse è meglio che mi sdrai io tutta la bottiglia nel più breve tempo possibile, perchè se ti dò il tempo di berne ancora un altro goccio perdi conoscenza appena risalita sulla Ford Fiesta. E nemmeno rispolverando dal fondo del cruscotto il cd di Gigi D'agostino del '96 avrei speranze di farti riprendere.
Riusciamo ad uscire dal ristorante e sei ancora sana. Che numero. Anzi, mi sembri pure in serata volenterosa. Per carità, non voglio dire che negli scorsi sei mesi abbondanti tu sia stata di legno eh, ma stasera mi sembra proprio che ci si possa finalmente avvicinare alla fine dell'autostrada del desiderio. Vedo il casello sempre più vicino. E sono 3 mesi che c'ho il telepass montato e non lo uso. Incontenibile.
Arriviamo a casa mia. In ascensore mi domando come ho fatto a convincerti a salire. E' stato tutto così semplice. Eppure nei giorni scorsi, mentre ero cartesianamente seduto sulla tazza, mi ero prefigurato la scena 1450 volte. Senza mai riuscire a immaginarla una cosa così spontanea. Sto aprendo la porta blindata e ti getto uno sguardo addosso. Hai il cappotto blu mezzo aperto, quelle scarpe col tacco che, ad ogni passo, stasera, sembrava mi stessi calpestando il cuore. Il lucidalabbra appena ripassato, chiaramente mentre ero distratto, è la mazzata finale. Adesso viene il difficile. E non mi sento più nemmeno così in controllo della situazione.
Domani mi limono la filippina. Appena apro, trovo tutto lucido e a posto. Sembra una pubblicità dell'Ikea. Ha pure messo i fiori secchi nel vaso e spruzzato non so quale profumo e non so nemmeno da dove l'abbia tirato fuori. Mi fa cagare, ma fa scena. Ha trasformato quella che stamattina sembrava Hiroshima in un giardino feng shui. E tu che ti complimenti pure. Se va tutto bene, da domani guadagna 45 euro all'ora.
Finiamo sul divano che siamo ancora con i cappotti addosso. A saperlo prima, penso, sarei stato molto più concreto da subito. E dire che ti pensavo così fredda e rigida. Immaginavo di piacerti un po'. Ma non mi sembrava mai abbastanza. E allora non cambiavo mai marcia. Ho girato in prima per almeno un anno e mezzo. Con i giri del motore a 18 mila. Sembravo un Ciao truccato. Ma stasera fila tutto talmente liscio che quasi non ci credo. Inizio a pensare che la cameriera giapponese ti abbia servito il vino di Sara Tommasi. Alla faccia del Gewurztraminer da fighetta.
Se, però, entro 2 minuti non passi oltre la fase limone e palpeggiamento leggero, ti incollo al divano modalità trasferello. E' un'ora e 20 che mi accarezzi i capelli, mi baci, mi metti le mani sul culo e mi regali giusto qualche millimetro di lingua. Va bene lo struscio pesante, ma cerchiamo di andare oltre. Perchè tra poco rincoglionisco come Super Slot dei Goonies.
Dopo un'ora e mezza riesco a toglierti i tuoi amati jeans Closed. Quelli delle star. Si ok, non li lancio. Ma la cosa ha dell'incredibile. Pensavo che la serata si sarebbe conclusa con il primo posto al campionato del mondo di petting e invece forse riusciamo ad andare oltre.
Le mutandine sono tanta roba. Proprio come piacciono a me. Roba minimal. Hai la pelle così liscia che sembra di accarezzare un paio di Clarks. Bella camoscina. La luce è praticamente assente, ma me ne basta poca per capire che sei bella come il sole. Un po' meno calda eh... ma solo per il momento.
A questo punto sono assolutamente schiavo del tuo volere. Memore della fase di preliminari più lunga della storia, ho timore ad avventurarmi in quella zona. Non vorrei che di colpo si rompesse l'incantesimo. Però io già dopo un minuto ero al punto di non ritorno. Ma tu ora, forse, al punto di non ritorno ci arrivi se ti trovi una mano nelle mutande. E' un rischio che devo correre. Del resto, dopo solo un paio d'ore, mi hai pure tolto i jeans. Qualcosa vorrà pur dire.
La mia mano staziona in zona tue ginocchia per minuti. Mi sembrano secoli. Ma io sta tangenziale la dovrò pur abbandonare. E' più lunga della Salerno-Reggio Calabria. La fine non esiste. La Salerno-Reggio Calabria è uno stato dell'anima, infatti, non è un percorso.
Trovo il coraggio. Con un dito ti sfioro. Ma non sei tu sola dentro una stanza. Ci sono pure io. E se non vado avanti, abbandono Super Slot e impazzisco come un Dobermann. Sei ancora vestita, lì... sei morbida. Non ti smentisci. Più morbida del cuscinetto delle mie Air Max. Da un dito passo a una mano, anche se sembri ritrarti. Non mi interessa. Mi aspetto un “no, non posso proprio, scusa” e poi vederti volare via, forse per sempre. Fa niente. Lascio scivolare il desiderio e lo attacco alla mia mano. Bianca come un cadavere. Perchè da due ore il sangue è tutto da un'altra parte. Anemia portami via.
Nonostante tu stringa le gambe riesco a toglierti da scassinatore l'ostico pezzetto di stoffa.
Ma quando la mia testa è all'altezza del tuo ombelico ti blocchi di colpo. Penso che tra poco ti farò morire, nonostante con le gambe tu mi stia garantendo una prognosi di 45 giorni al collo. Sto per avvisare l'ortopedico con un sms. Se stringi ancora un po' viene fuori una figurina con la faccia di Bill di Indovina Chi. Resisto, ma due centimetri sotto l'ombelico qualcosa non mi torna. Sarà il vino che mi frega. Allucinazioni tattili. Percorro ancora un paio di centimetri incurante, ma dubbioso. Ormai dovrei essere vicino. Mi blocco, risalgo per prendere tempo. Ritorno. Ma il timore è diventato quasi una certezza. Mi allontano e avvicino a quel punto solo la mano. Sono almeno un paio di minuti che sembri trattenere il fiato per l'inaspettata tensione. Non ci credo, quello che ho sentito non può essere la verità. Devo far tornare il sangue al cervello per riflettere e prendere delle contromisure in tempo zero. Va bene che la luce è spenta, ma ho l'impressione di aver passato la guancia sul prato di San Siro.
Divento rigido come un soldato sull'attenti. Forse ho capito, al posto della Ford Fiesta, dopo il giapponese, siamo saliti sulla DeLorean di Ritorno Al Futuro. E tu hai smanettato sul tastierino, mentre cercavo il cd di Gigi D'Agostino, e hai provato a riportarmi negli anni '80. Ma negli anni ottanta ci ritorni tè. Quelli sono stati veramente tempi bui.
Non c'è bisogno di accendere la luce per farti capire che sei stata nominata. E pure eliminata. In 3 minuti sei già di sotto con il cellulare in mano e il taxi in arrivo. Sai già che non ci rivedremo mai più.
Occhi color evidenziatore, sedere da urlo e sorriso irresistibile. Per due anni non ho visto la verità. Ti credevo Gisele Bundchen. Eri Sabrina Salerno.
Ma la sovrastruttura per me non conta.
Non mi avrete mai come volete voi.
Io e te tre metri sopra al pelo.
Ricordo la prima volta che ti ho conosciuta, due anni fa. Gonna corta, quella maglietta bianca modalità Domopak, attillatissima, e due occhi che sembravano ricalcati con un evidenziatore blu. Le prime volte che ti guardavo, pensavo mi ci sarebbe voluta la mascherina da saldatore. Abbagliato.
Per non parlare del sedere. Disegnava la mia curva preferita, tra la schiena e la chiappa. Quella dove sopra potresti appoggiarci un cero di Padre Pio, e pregare che un giorno quell'essere da beatificare te la dia.
Sono due anni che ti corteggio. Messaggi, bicchieri di vino, ghiaccioli d'estate fuori dal tuo lavoro. Che perdevo più tempo a guardarti che a leccarli, e ogni volta che abbassavo lo sguardo pensavo fosse passato un alano senza accorgermene.
Ma stasera è la volta buona. Penso. La cena è andata alla perfezione. Il ristorante giapponese con una sala piccola e buia. E noi nascosti nell'angolo a bere il tuo vino preferito, riparati dagli sguardi e dalle orecchie delle coppie che vanno al ristorante senza avere nulla da dire. Dopo 2 bicchieri, però, tu hai anche troppo da dire. Il congiuntivo si riduce e le consonanti sembrano tutte S. Forse è meglio che mi sdrai io tutta la bottiglia nel più breve tempo possibile, perchè se ti dò il tempo di berne ancora un altro goccio perdi conoscenza appena risalita sulla Ford Fiesta. E nemmeno rispolverando dal fondo del cruscotto il cd di Gigi D'agostino del '96 avrei speranze di farti riprendere.
Riusciamo ad uscire dal ristorante e sei ancora sana. Che numero. Anzi, mi sembri pure in serata volenterosa. Per carità, non voglio dire che negli scorsi sei mesi abbondanti tu sia stata di legno eh, ma stasera mi sembra proprio che ci si possa finalmente avvicinare alla fine dell'autostrada del desiderio. Vedo il casello sempre più vicino. E sono 3 mesi che c'ho il telepass montato e non lo uso. Incontenibile.
Arriviamo a casa mia. In ascensore mi domando come ho fatto a convincerti a salire. E' stato tutto così semplice. Eppure nei giorni scorsi, mentre ero cartesianamente seduto sulla tazza, mi ero prefigurato la scena 1450 volte. Senza mai riuscire a immaginarla una cosa così spontanea. Sto aprendo la porta blindata e ti getto uno sguardo addosso. Hai il cappotto blu mezzo aperto, quelle scarpe col tacco che, ad ogni passo, stasera, sembrava mi stessi calpestando il cuore. Il lucidalabbra appena ripassato, chiaramente mentre ero distratto, è la mazzata finale. Adesso viene il difficile. E non mi sento più nemmeno così in controllo della situazione.
Domani mi limono la filippina. Appena apro, trovo tutto lucido e a posto. Sembra una pubblicità dell'Ikea. Ha pure messo i fiori secchi nel vaso e spruzzato non so quale profumo e non so nemmeno da dove l'abbia tirato fuori. Mi fa cagare, ma fa scena. Ha trasformato quella che stamattina sembrava Hiroshima in un giardino feng shui. E tu che ti complimenti pure. Se va tutto bene, da domani guadagna 45 euro all'ora.
Finiamo sul divano che siamo ancora con i cappotti addosso. A saperlo prima, penso, sarei stato molto più concreto da subito. E dire che ti pensavo così fredda e rigida. Immaginavo di piacerti un po'. Ma non mi sembrava mai abbastanza. E allora non cambiavo mai marcia. Ho girato in prima per almeno un anno e mezzo. Con i giri del motore a 18 mila. Sembravo un Ciao truccato. Ma stasera fila tutto talmente liscio che quasi non ci credo. Inizio a pensare che la cameriera giapponese ti abbia servito il vino di Sara Tommasi. Alla faccia del Gewurztraminer da fighetta.
Se, però, entro 2 minuti non passi oltre la fase limone e palpeggiamento leggero, ti incollo al divano modalità trasferello. E' un'ora e 20 che mi accarezzi i capelli, mi baci, mi metti le mani sul culo e mi regali giusto qualche millimetro di lingua. Va bene lo struscio pesante, ma cerchiamo di andare oltre. Perchè tra poco rincoglionisco come Super Slot dei Goonies.
Dopo un'ora e mezza riesco a toglierti i tuoi amati jeans Closed. Quelli delle star. Si ok, non li lancio. Ma la cosa ha dell'incredibile. Pensavo che la serata si sarebbe conclusa con il primo posto al campionato del mondo di petting e invece forse riusciamo ad andare oltre.
Le mutandine sono tanta roba. Proprio come piacciono a me. Roba minimal. Hai la pelle così liscia che sembra di accarezzare un paio di Clarks. Bella camoscina. La luce è praticamente assente, ma me ne basta poca per capire che sei bella come il sole. Un po' meno calda eh... ma solo per il momento.
A questo punto sono assolutamente schiavo del tuo volere. Memore della fase di preliminari più lunga della storia, ho timore ad avventurarmi in quella zona. Non vorrei che di colpo si rompesse l'incantesimo. Però io già dopo un minuto ero al punto di non ritorno. Ma tu ora, forse, al punto di non ritorno ci arrivi se ti trovi una mano nelle mutande. E' un rischio che devo correre. Del resto, dopo solo un paio d'ore, mi hai pure tolto i jeans. Qualcosa vorrà pur dire.
La mia mano staziona in zona tue ginocchia per minuti. Mi sembrano secoli. Ma io sta tangenziale la dovrò pur abbandonare. E' più lunga della Salerno-Reggio Calabria. La fine non esiste. La Salerno-Reggio Calabria è uno stato dell'anima, infatti, non è un percorso.
Trovo il coraggio. Con un dito ti sfioro. Ma non sei tu sola dentro una stanza. Ci sono pure io. E se non vado avanti, abbandono Super Slot e impazzisco come un Dobermann. Sei ancora vestita, lì... sei morbida. Non ti smentisci. Più morbida del cuscinetto delle mie Air Max. Da un dito passo a una mano, anche se sembri ritrarti. Non mi interessa. Mi aspetto un “no, non posso proprio, scusa” e poi vederti volare via, forse per sempre. Fa niente. Lascio scivolare il desiderio e lo attacco alla mia mano. Bianca come un cadavere. Perchè da due ore il sangue è tutto da un'altra parte. Anemia portami via.
Nonostante tu stringa le gambe riesco a toglierti da scassinatore l'ostico pezzetto di stoffa.
Ma quando la mia testa è all'altezza del tuo ombelico ti blocchi di colpo. Penso che tra poco ti farò morire, nonostante con le gambe tu mi stia garantendo una prognosi di 45 giorni al collo. Sto per avvisare l'ortopedico con un sms. Se stringi ancora un po' viene fuori una figurina con la faccia di Bill di Indovina Chi. Resisto, ma due centimetri sotto l'ombelico qualcosa non mi torna. Sarà il vino che mi frega. Allucinazioni tattili. Percorro ancora un paio di centimetri incurante, ma dubbioso. Ormai dovrei essere vicino. Mi blocco, risalgo per prendere tempo. Ritorno. Ma il timore è diventato quasi una certezza. Mi allontano e avvicino a quel punto solo la mano. Sono almeno un paio di minuti che sembri trattenere il fiato per l'inaspettata tensione. Non ci credo, quello che ho sentito non può essere la verità. Devo far tornare il sangue al cervello per riflettere e prendere delle contromisure in tempo zero. Va bene che la luce è spenta, ma ho l'impressione di aver passato la guancia sul prato di San Siro.
Divento rigido come un soldato sull'attenti. Forse ho capito, al posto della Ford Fiesta, dopo il giapponese, siamo saliti sulla DeLorean di Ritorno Al Futuro. E tu hai smanettato sul tastierino, mentre cercavo il cd di Gigi D'Agostino, e hai provato a riportarmi negli anni '80. Ma negli anni ottanta ci ritorni tè. Quelli sono stati veramente tempi bui.
Non c'è bisogno di accendere la luce per farti capire che sei stata nominata. E pure eliminata. In 3 minuti sei già di sotto con il cellulare in mano e il taxi in arrivo. Sai già che non ci rivedremo mai più.
Occhi color evidenziatore, sedere da urlo e sorriso irresistibile. Per due anni non ho visto la verità. Ti credevo Gisele Bundchen. Eri Sabrina Salerno.
Ma la sovrastruttura per me non conta.
Non mi avrete mai come volete voi.
Io e te tre metri sopra al pelo.
Passeggiare per le vie innevate di un centro sciistico ha un unico grande difetto: tu, uomo, non vedrai un tacco a spillo nemmeno se te lo porti da casa. A meno che da casa ogni donna si porti pure l'ortopedico di fiducia. Dal punto di vista dell'equilibrio la scelta è anche plausibile, visto il ghiaccio. Ma l'equilibrio non può e non deve nemmeno essere garantito dai Moon Boots...con i loro 4metri quadri di suola sarebbero in grado di non rendere slanciata nemmeno Brigitte Nielsen. Ma da un paio d'anni a questa parte, chissà per quale congiura malsana dei trendsetters, sono stati riabilitati. Vedi le ragazze camminare tra la neve con giubbotti attillati, capelli parruccatissimi, pantaloni al sangue e due vasi Ming ai piedi..di quelli che regalava Giancarlo Magalli ai telespettatori sfigati. Sei carina, per carità, ma le tue scarpe ortopediche e antiscivolo ti fanno alta un metro e 20, come faccio a spiegartelo? Annullano la distanza che intercorre tra le ginocchia e le tette. Tutto quello che c'è di mezzo viene cancellato dall'invasività fashion dei due S.Bernardi bianchi che ti sei infilata ai piedi. Se fossi SuperMario Bros potrei anche provare a capirti. Ma dato che non fossi...ti lascio camminare sfidando la gravità zero e me ne torno in città...quando poi rientri anche tu, se ti levi quelle robe inguardabili, fammi uno squillo..anzi, uno spillo :-)
SE TUTTO QUELLO CHE SAI DARMI E' UN GOVERNO DI PLASTICA
Torno a casa ore 23.15. 16 novembre. Per tutta la giornata ho dato la notizia che il Governo è in crisi, da oggi è ufficiale. Accendo la tv pronto al fuoco di tribune politiche. Su Raitre Ballarò approfondisce la questione. Ma Ballarò finisce presto. E Bocchino non mi appassiona.
Azzardo il cambio di canale e finisco su Raiuno. Vespa opta per un evergreen. Avetrana e le confessioni di Misseri. Alla 134esima versione pare che il vecchio contadino abbia ammesso agli inquirenti che quel giorno lui ha stuprato sì un cadavere in un campo, ma forse si è confuso.
Mi rimane un'ultima ammiraglia. Matrix su Canale 5. Si parla di Mondo del Porno. Con Morelli, Sgarbi, Trentalance, Selvaggia Lucarelli ed Eva Henger. Con tanto di reportage sulle ultime mode relative agli oggetti onanistici di plastica.
E' proprio vero. E' crisi di Governo! Quando la Maggioranza era salda le fiche erano vere (e anche 20 alla volta). Ora ci accontentiamo di quelle di plexiglass.
Bunga Bunga ragazzi, questo è anche il vostro paese
MARTEDÌ 16 NOVEMBRE 2010
Prét à portarti, amore. Ma non a fare shopping. Perfavore.
In quei giorni lì, come recitava il claim di una celebre pubblicità che tante brutte scene ci ha fatto immaginare, farei la ruota, mi butterei dal paracadute, rivedrei pure mia suocera, ma non accetterei mai di fare un giro in centro con lei. Perchè il trittico donna-moda-shopping ti dà già il senso del pericolo quando lo pronunci. Roba che a noi uomini provoca erezioni cutanee al solo pensiero. Se poi al trinomio ci aggiungi il sabato, il mix diventa esplosivo. Come infilare qualche migliaio di Mentos in una lattina di Coca Cola.
Quando abiti a Milano, per evitare la combinazione letale, hai solo due scelte: scappare a San Donato Milanese ogni sabato della settimana, inventandoti di una vecchia zia malata a causa dei gas che fuoriescono dalla sede dell'Eni, oppure non legarti mai ad una ragazza fino al punto da farti chiedere, proprio in quei giorni lì: “facciamo un giretto da Zara e H&M?”. Cazzo no. Passi Zara, ma H&M non me lo dovevi chiedere. Per chi non fosse scafato di moda, e soprattutto di moda cheap, ma chic, la multinazionale nordeuropea è il luogo della perdizione. 4500 metri quadrati di vestiti e oggettistica varia, dallo stile a metà tra una Madonna nel periodo più buio della sua carriera e Amy Winehouse al mattino alle 6 dopo 18 ore di bevute. Il tutto ad un prezzo da vu cumprà sulla spiaggia di Borgio Verezzi. Roba per tutte le tasche, insomma, e che ha pure la velleità di essere stilosa.
Praticamente in ogni centimetro quadrato, per lei, c'è un motivo di interesse. Un cencio abbandonato su uno scaffale che solletica l'istinto femminile. Tanto per 4.99 euro è una figata! E, intanto, tu che hai accompagnato quella che fino al venerdi ti sembrava pure una ragazza interessante, ti chiedi: “ma è posseduta? Perchè ha tirato su 25 t-shirt e 8 paia di pantaloni nel giro di 14 minuti scarsi? Ma soprattutto: sono possedute anche tutte le altre? Nessuna parla con nessuna. Lo sguardo si muove rapido, come in un trip, da un appendino all'altro. E' uno sguardo da Arancia Meccanica, ma sei da H&M in S. Babila e sono le 15.30. C'è qualcosa che non torna. E' come guardare un documentario con i leoni nella savana. E' un tutti contro tutti. Le prede sono scarse e per questo la guerra è totale. Il turbinìo di mani che si agitano, stropicciano, comprano o scaraventano via capi di abbigliamento sarebbe in grado di nauseare anche il marinaio del Tonno Nostromo. E tu sei lì che ti guardi intorno e non capisci. Sei il criceto su una ruota che non è la tua. E questa ruota gira talmente forte che dopo 3 minuti netti vorresti prendere un valium o imbracciare un fucile a pompa. Dopo un paio d'ore la frase che suona come la liberazione: “possiamo andare a pagare”. Pensi di vedere la luce in fondo al tunnel. Nella testa ti parte la colonna sonora di Voglia di Vincere. Magari fai pure in tempo a vederti l'anticipo di Serie A. E invece non hai capito un cazzo. Il tunnel inizia in cima alle scale, dove ci sono le casse. Trovi una selva di gente. Pensi di essere sulle Ramblas a Barcellona a capodanno. Ci sono talmente tante persone in fila sparse una sull'altra che hai l'impressione che come minimo oltre quel migliaio di teste ci siano gli U2, o, alla peggio, Paolo Fox. E invece no. Quella è la coda per pagare. Scoramento. Minuto di silenzio. Vorresti tentare la fuga. Ma lei, ora che gli occhi hanno assunto nuovamente un colore umano, ti marca come Paolo Maldini. E, mentre aspetta. ti chiede pure se ti piacciono gli orecchini in plexiglass che costano 99 centesimi, e i jeans in stretch sintetico da 19.99 euro, che se passi a meno di 4 metri da un calorifero rischi di prendere fuoco. Sull'etichetta, non a caso, c'è stampato il numero di Bertolaso. In caso di emergenza. E poi la maglietta da 2.99 con le stampe dei puffi, ma piena di sfilacciature fighe, e le culotte con la faccia di Marylin Monroe da 1.99 euro. Che con il culo che si ritrova, lei, come minimo tirerà la stoffa fino a farla sembrare Antonella Clerici. Però di viso, in fondo non è per nulla male. Incredibilmente ti piace tutto. Anzi è tutto fantastico! Sono adorabili anche le mutande che ha deciso di regalarti. Sono talmente colorate che se le guardi incrociando gli occhi escono le figure in 3d, e sono di un tessuto così sintetico e antitraspirante che la prima cosa che pensi è che a nessuna dovrà mai capitare di smutandarti con quelle addosso. In quel caso ci sarebbe da chiamare Peter dei Ghostbusters.
Quando abiti a Milano, per evitare la combinazione letale, hai solo due scelte: scappare a San Donato Milanese ogni sabato della settimana, inventandoti di una vecchia zia malata a causa dei gas che fuoriescono dalla sede dell'Eni, oppure non legarti mai ad una ragazza fino al punto da farti chiedere, proprio in quei giorni lì: “facciamo un giretto da Zara e H&M?”. Cazzo no. Passi Zara, ma H&M non me lo dovevi chiedere. Per chi non fosse scafato di moda, e soprattutto di moda cheap, ma chic, la multinazionale nordeuropea è il luogo della perdizione. 4500 metri quadrati di vestiti e oggettistica varia, dallo stile a metà tra una Madonna nel periodo più buio della sua carriera e Amy Winehouse al mattino alle 6 dopo 18 ore di bevute. Il tutto ad un prezzo da vu cumprà sulla spiaggia di Borgio Verezzi. Roba per tutte le tasche, insomma, e che ha pure la velleità di essere stilosa.
Praticamente in ogni centimetro quadrato, per lei, c'è un motivo di interesse. Un cencio abbandonato su uno scaffale che solletica l'istinto femminile. Tanto per 4.99 euro è una figata! E, intanto, tu che hai accompagnato quella che fino al venerdi ti sembrava pure una ragazza interessante, ti chiedi: “ma è posseduta? Perchè ha tirato su 25 t-shirt e 8 paia di pantaloni nel giro di 14 minuti scarsi? Ma soprattutto: sono possedute anche tutte le altre? Nessuna parla con nessuna. Lo sguardo si muove rapido, come in un trip, da un appendino all'altro. E' uno sguardo da Arancia Meccanica, ma sei da H&M in S. Babila e sono le 15.30. C'è qualcosa che non torna. E' come guardare un documentario con i leoni nella savana. E' un tutti contro tutti. Le prede sono scarse e per questo la guerra è totale. Il turbinìo di mani che si agitano, stropicciano, comprano o scaraventano via capi di abbigliamento sarebbe in grado di nauseare anche il marinaio del Tonno Nostromo. E tu sei lì che ti guardi intorno e non capisci. Sei il criceto su una ruota che non è la tua. E questa ruota gira talmente forte che dopo 3 minuti netti vorresti prendere un valium o imbracciare un fucile a pompa. Dopo un paio d'ore la frase che suona come la liberazione: “possiamo andare a pagare”. Pensi di vedere la luce in fondo al tunnel. Nella testa ti parte la colonna sonora di Voglia di Vincere. Magari fai pure in tempo a vederti l'anticipo di Serie A. E invece non hai capito un cazzo. Il tunnel inizia in cima alle scale, dove ci sono le casse. Trovi una selva di gente. Pensi di essere sulle Ramblas a Barcellona a capodanno. Ci sono talmente tante persone in fila sparse una sull'altra che hai l'impressione che come minimo oltre quel migliaio di teste ci siano gli U2, o, alla peggio, Paolo Fox. E invece no. Quella è la coda per pagare. Scoramento. Minuto di silenzio. Vorresti tentare la fuga. Ma lei, ora che gli occhi hanno assunto nuovamente un colore umano, ti marca come Paolo Maldini. E, mentre aspetta. ti chiede pure se ti piacciono gli orecchini in plexiglass che costano 99 centesimi, e i jeans in stretch sintetico da 19.99 euro, che se passi a meno di 4 metri da un calorifero rischi di prendere fuoco. Sull'etichetta, non a caso, c'è stampato il numero di Bertolaso. In caso di emergenza. E poi la maglietta da 2.99 con le stampe dei puffi, ma piena di sfilacciature fighe, e le culotte con la faccia di Marylin Monroe da 1.99 euro. Che con il culo che si ritrova, lei, come minimo tirerà la stoffa fino a farla sembrare Antonella Clerici. Però di viso, in fondo non è per nulla male. Incredibilmente ti piace tutto. Anzi è tutto fantastico! Sono adorabili anche le mutande che ha deciso di regalarti. Sono talmente colorate che se le guardi incrociando gli occhi escono le figure in 3d, e sono di un tessuto così sintetico e antitraspirante che la prima cosa che pensi è che a nessuna dovrà mai capitare di smutandarti con quelle addosso. In quel caso ci sarebbe da chiamare Peter dei Ghostbusters.
Dopo 2 ore dentro il negozio e 3 alle casse saresti pronto per andare in un centro di recupero. E invece no, lei ha speso solo 49 euro e si è comprata un sacco di roba! Il suo volto è la felicità. Tiene in mano due buste per un peso complessivo di 8 chili (e 99 grammi, perchè da H&M tutto ha un 99 in coda) e ha speso solo un cinquanta. Non le pare vero di avere margine per comprarsi qualcosa d'altro, magari una borsa.
No, la borsa no. Pensi tu. Si parte in direzione Montenapoleone. Guardi in basso, ti senti arrivato a fine carriera. Pensi a quanto è bello finire la settimana lavorativa per poi stare sul divano con una birra tra le braccia. Ma quello lo stanno facendo i tuoi amici. Tu sei in giro con la macchina in centro a Milano per fare contenta la tua ragazza. E il parcheggio orario ti è già costato così tanto che, con tutto il tempo che sei stato dentro ad H&M per accumulare 49.99 euro di roba, avresti potuto pagarti la riconversione della tua Ford Ka nella Cadillac di Snoop Doggy Dogg. Ma il tuo destino è inciso lì, tra le vetrine di Luigi Vittuone e quelle di Hermès. E lei vuole entrare.
No, la borsa no. Pensi tu. Si parte in direzione Montenapoleone. Guardi in basso, ti senti arrivato a fine carriera. Pensi a quanto è bello finire la settimana lavorativa per poi stare sul divano con una birra tra le braccia. Ma quello lo stanno facendo i tuoi amici. Tu sei in giro con la macchina in centro a Milano per fare contenta la tua ragazza. E il parcheggio orario ti è già costato così tanto che, con tutto il tempo che sei stato dentro ad H&M per accumulare 49.99 euro di roba, avresti potuto pagarti la riconversione della tua Ford Ka nella Cadillac di Snoop Doggy Dogg. Ma il tuo destino è inciso lì, tra le vetrine di Luigi Vittuone e quelle di Hermès. E lei vuole entrare.